martedì 21 novembre 2017

Un caffè sospeso per chi è in attesa: iniziativa dei bar di Siena


Due originali iniziative nel segno dell’attenzione per i detenuti della casa circondariale “Santo Spirito” di Siena dal punto di vista della somministrazione alimentare. I progetti Caffè sospeso e Salute e alimentazione in carcere sono stati presentati stamani in conferenza stampa a Palazzo Berlinghieri dal direttore del carcere di Santo Spirito, Sergio La Montagna, insieme al vicesindaco Fulvio Mancuso e all’assessora al Sociale, Anna Ferretti; con loro, per illustrare il primo, il presidente provinciale di Confesercenti, Leonardo Nannizzi, e Belinda Batani dell’omonima ditta produttrice di caffè, mentre sul secondo è intervenuta la dietista Gloria Turi del Dipartimento delle Professioni tecnico-sanitarie, della Riabilitazione e della Prevenzione dell’azienda USL Toscana sud-est.


COME FUNZIONA IL PROGETTO CAFFE' SOSPESO?
Offrire un caffè: un piccolo gesto che può aver un grande significato, soprattutto per chi sconta una pena aspettando un domani migliore.
Confesercenti, Casa circondariale di Siena, Comune di Siena e Batani promuovono una iniziativa di microsolidiarietà diffusa: tramite i bar, cittadini e visitatori della città potranno offrire un caffè ai detenuti del carcere di Santo Spirito.

CAFFE' SOSPESO: COME POSSONO ADERIRE I BAR?
Per il progetto Caffè sospeso comincia ora la fase operativa: possono aderire tutti i bar di Siena città. Per esprimere il proprio interesse o semplicemente per richiedere maggiori ragguagli gli interessati possono scrivere a  turismo@confesercenti.siena.it   oppure contattare il nmero verde 800 914948.

LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO
“Caffè sospeso”, patrocinata dal Comune e sostenuta dalla Confesercenti, è un’iniziativa solidale che si sviluppa intorno al rito del caffè, una delle bevande di maggior consumo a livello nazionale, anche all’interno delle carceri. In questo caso,  ha aggiunto Nannizzi  “si tratta di creare una connessione tra gli esercizi pubblici della città e la casa circondariale, tramite la quale i caffè sospesi dei bar si tradurranno in dosi di miscela da moka per i detenuti. Un’azione che intende stimolare la solidarietà dei senesi, i quali, sono certo, risponderanno positivamente alla campagna, e che denota la sensibilità di Confesercenti e dei nostri associati a favore di un’iniziativa mirata al sociale”. Il direttore della casa circondariale afferma che il progetto “Caffè Sospeso” è inteso anche come un gesto di solidarietà verso i detenuti che scontano una pena per le loro azioni passate ma che comunque non devono essere considerate “bestie”.
Il caffè in carcere è offerto solo a colazione e se durante la giornata si ha voglia bisogna comprarlo, ovviamente, non tutti hanno la disponibilità di acquistarlo, e da qui l’idea di appellarsi alla generosità della collettività senese per permettere a chiunque il piacere di gustare una tazzina di caffè.  Allo scopo di conferire visibilità all’iniziativa, sulle vetrine dei bar aderenti sarà affissa una locandina realizzata a partire dal progetto fotografico di Alessio Duranti.
L’iniziativa annovera anche la collaborazione della ditta “Caffè Batani”, associato della Confesercenti di Siena, che ha recepito con entusiasmo la proposta del direttore La Montagna. La titolare Belinda Batani ha affermato con entusiasmo la partecipazione al progetto indicandolo come un’azione solidale che vede il caffè come un elemento di socialità in un contesto difficile quale il carcere. Con l’approssimarsi del periodo natalizio, regalerà un fornitura di caffè in polvere spiegandogli il processo a ritroso del percorso di realizzazione del prodotto finito: dal pacchetto al chicco.

Articolo sul sito web della Confesercenti di Siena

domenica 5 novembre 2017

Il teatro nel carcere di Santo Spirito con Emilio Solfrizzi



Si è alzato ieri il sipario del piccolo teatro della casa circondariale di Santo Spirito. L’inizio è di quelli col botto: ad aprire la stagione 2017/2018 è nientepopodimeno che Emilio Solfrizzi. L’attore di cinema e teatro, di mai celate origini pugliesi, ha ritagliato un po’ del suo prezioso tempo per concedersi, senza una regia e senza un copione prestabilito, ai detenuti di Siena. Tra una prova e l’altra del suo Molière (che ha debuttato al teatro dei Rinnovati proprio nei giorni scorsi) è riuscito dedicare quasi un’ora e mezza ai ragazzi del carcere, che hanno vissuto un’altra esperienza di teatro nudo, di confronto diretto, a stretto contatto con uno dei più poliedrici attori del panorama italiano. Eh si perché l’apertura dell’incontro è di quelle che non ti aspetti. Solfrizzi, prendendo spunto da recenti fatti di cronaca “calcistica” (chiamiamola così), racconta la sua esperienza nel ruolo del padre di Anna Frank. Parla con vera partecipazione della storia del diario più famoso dell’olocausto, delle pagine strappate dai genitori perché rivelatrici di aspetti troppo intimi della piccola Anna, della vergogna per le legge razziali e, soprattutto, per la mancanza di indignazione contro quelle leggi da parte di un’Italia disorientata e complice.
Spiega il dietro le quinte di quel film (Mi ricordo Anna Frank) girato nella “Cinecittà” di Budapest e tutti i retroscena e gli escamotage della produzione e del regista per rendere la pellicola più realistica possibile agli occhi del pubblico. I presenti ascoltano l’attore in uno stato di precario equilibrio tra vivo interesse e umano sconcerto.
Continua a parlare di cinema e questa volta il tono è amareggiato per la situazione di degrado in cui da anni ristagna quello nazionale, lontano dagli anni d’oro dei vari Fellini, Rossellini, etc… e sempre più difficilmente esportabile in realtà diverse dalla nostra. Allora meglio il teatro (realtà tenuta viva anche nel piccolo carcere grazie a un piccolo gruppo di volontari), vero banco di prova per un attore. Niente intermediari o filtri. Niente regia o fotografia che adulteri la performance. Niente attesa per il feedback sulla recitazione. Contatto diretto e immediato con il pubblico.
E contatto diretto e immediato è stato anche ieri pomeriggio. Più che diretto, intimo. Solfrizzi ha raccontato, ha spiegato e scherzato (con frecciatine nel suo immancabile barese) con una platea diversa dal solito. Anche se- ha tenuto a precisare- non era la sua prima esperienza in un istituto penitenziario. Qualche anno fa era andato a leggere delle facezie di papa Giovanni Paolo II (si avete capito bene!) a Rebibbia. In carcere insomma già c’era stato. Ma è recidivo. E alla prima occasione ci è cascato di nuovo.
Come spesso accade in queste circostanze, il tempo è volato via in fretta e l’attore era atteso dalla prova del pomeriggio, fondamentale per uno spettacolo alla sua seconda rappresentazione. Così, dopo quasi un’ora e mezza a completa disposizione degli ospiti di Santo Spirito, saluta veloce e scende dal palco per guadagnare l’uscita dove ad attenderlo, puntuale, c’è un taxi. Il sentito applauso dei presenti è quasi una violenza per un grande attore (e un grande uomo) che in punta di piedi era entrato e in punta di piedi (come un ladro, potremmo dire) stava andando nuovamente via. Non era una pièce teatrale, un monologo. Non stava recitando. Era semplicemente se stesso, naturale e spontaneo come solo un barese sa essere.
Prima di andarsene ha detto: “Ci sono vip che, una volta conosciuti di persona, lontani dai loro personaggi e dalle loro maschere, risultano irriconoscibili agli occhi dei loro fans.”
Il Solfrizzi di questo pomeriggio anche dal vivo- vi posso assicurare- è stato divertente, interessante, profondo e umano.
Il carcere di Santo Spirito non poteva iniziare in un modo migliore la nuova stagione.

Articolo sul sito web Siena News