sabato 4 luglio 2020

LA REALTA’ DENTRO LE MURA


In una progressiva delocalizzazione delle strutture carcerarie al di fuori del centro urbano, oltre le periferie, relegando il carcere lontano dal contesto sociale della città e le conseguenti difficoltà di mantenimento di  rapporti fondamentali con la collettività esterna,  il carcere di Siena rimane tra le poche strutture all'interno delle mura  cittadine, che mantenendo vivo e costante il rapporto con il tessuto sociale, favorisce l’attuazione di quei principi e quelle norme che da tempo sono alla base del reinserimento sociale di chi è recluso.

La Direzione dell’Istituto svolge da sempre un’ opera di sensibilizzazione nei confronti della città, sfruttando la peculiarità dell’ubicazione del penitenziario, aprendo le porte del carcere al mondo esterno. Non a caso attori, scrittori, economisti, artisti di strada, sono entrati ed entrano all’interno del penitenziario, così come le associazioni di volontariato, dando a chi è recluso, la possibilità di interfacciarsi con i vari ospiti in maniera libera. Liberi di esprimere le proprie idee, condividendo valori e culture diverse volte all'inclusione, sviluppando anche quel senso critico che è alla base della convivenza sociale.

Ed ancora, la Direzione dell’istituto senese ha creato e potenziato le attività scolastiche, dando la possibilità a chiunque, secondo il proprio grado di istruzione, di accedere al corso scolastico desiderato, compresi due corsi di scuola superiore, dove i “maturandi” sia l’anno passato, sia questo, hanno ottenuto il massimo dei voti. La scuola in carcere svolge un ruolo fondamentale, non solo dal punto di vista culturale, ma anche sociale ed aggregativo, stimolando la curiosità, che è alla base della cultura, avendo con i professori un rapporto schietto e aperto , facendoli diventare la nostra “finestra sul mondo”. Io di questo, li ringrazio dal profondo del cuore.
Il programma trattamentale del carcere è svolto anche  sulla base di un dialogo ed un ascolto continuo, privilegiando maggiormente chi ha  bisogno di essere seguito, perché affetto da disagi psicologici, che molte volte sono la causa stessa del reato.

Le tante attività culturali e didattiche all'interno del carcere, abbattono barriere e pregiudizi e contribuiscono in maniera evidente ad eliminare quella sottocultura carceraria intollerante e violenta, nei confronti di chi, a volte per la natura del reato commesso, sarebbe oggetto di pestaggi e punizioni di altri detenuti.

Non  ultimo il ruolo della Polizia Penitenziaria che svolgendo il compito preposto , non ha mai atteggiamenti distanti, in una logica di ascolto dei problemi di chi è recluso,  lontano da vecchi e rigidi sistemi da “guardie carcerarie”.
Chi scrive non è un operatore penitenziario, ma un ex utente, ristretto per quasi due anni all'interno del penitenziario senese, fino alla fine di marzo dell’anno in corso.

Io stesso, ho proposto nel corso di scrittura collettiva gestito dalla giornalista Cecilia Marzotti, di far entrare all'interno delle mura, quindici persone di tutte le estrazioni sociali, affinché  attraverso il dialogo con i partecipanti, si tenti di vincere il pregiudizio nei confronti di chi è recluso. Cercando anche  soluzioni abitative e lavorative per chi è costretto a  rimane in carcere pur avendo tutti i requisiti per accedere alle misure alternative alla detenzione, ma è privo di casa e di lavoro. Attendendo nient’altro che il fine pena, ed il rischio una volta uscito, di ricadere negli stessi errori. Assenza di lavoro è altresì assenza di riparazione del danno direttamente  provocato alla vittima, ma anche l’impossibilità di una riparazione volta a saldare il danno arrecato alla società. Progetto che è stato accolto immediatamente dalla Direzione dell’Istituto.  Hanno partecipato agli incontri il Cappellano del carcere Don Giovanni , il Vescovo di Siena Augusto Paolo, offrendo un immobile per soddisfare le richieste fatte, il Professor Corsi docente ed economista, ma soprattutto sensibile ai problemi degli ”ultimi”. E’ stato chiesto alla Polizia Penitenziaria di aderire agli incontri, che ha accettato nella persona del Comandante del Carcere. Tanti altri avrebbero continuato a partecipare se non fosse scoppiata l’epidemia di Corona virus.
Il progetto è solo sospeso in attesa di una prosecuzione sicura, dal punto di vista sanitario.

La premessa fatta  fin ora, è doverosa per dare, seppur in minima parte, un idea di cos'è la realtà carceraria senese, in contrapposizione alle affermazioni infondate, piovute sul carcere di Siena in merito al suicidio di un detenuto avvenuto nel maggio scorso.

Nell'esprimere il mio dolore per la morte di un ragazzo  avvenuta all'interno delle mura carcerarie, non posso però tacere, avendo ascoltato la ridda di dichiarazioni surreali, sull'incompetenza del sistema penitenziario senese a gestire “detenuti particolari”.

In due anni di permanenza all'interno del penitenziario ho visto arrivare detenuti di ogni tipo. Di “ detenuti particolari” il carcere di Siena ne gestiva, e credo continui a gestirne, parecchi. Soprattutto detenuti che per la natura del reato commesso, sarebbero destinati a sezioni speciali, ma che a Santo Spirito riescono ad inserirsi in un contesto detentivo, compiendo quel percorso necessario alla comprensione del proprio errore. Realtà di inserimento di “soggetti difficili” in sezioni comuni,  come a Siena, avviene di norma, in carceri ben più noti, come  Bollate, o Porto Azzurro ed altri ancora. Tutto ciò non accade per caso, ma avviene grazie ad una visione moderna e lungimirante dell’espiazione della pena, volta al reinserimento nella società dell’individuo.
 In un contesto legislativo vigente di giustizia retributiva, ormai arcaica, il carcere di Santo Spirito, attraverso un dialogo e un confronto costante  con chi ha sbagliato, favorisce una comprensione e una consapevolezza dei propri errori, non solo nei confronti della vittima, ma anche di quella  frattura provocata alla società, guardando a quelle concezioni tipiche di un sistema di giustizia  riparativa, auspicato non più tardi di un anno fa dall'Unione Europea.

Quanto ho scritto, per cercare di far comprendere a chi legge, di che natura sia l’espiazione della pena nell'istituto senese, cercando di porre l’attenzione sulle sue professionalità, dalla Direzione, all'Area Trattamentale e Pedagogica, a quella Sanitaria e della Polizia Penitenziaria.

Le accuse di inettitudine, incompetenza  fatte al carcere di Siena non sono solo prive di fondamento ma dimostrano da parte di chi le ha proferite, una totale mancanza di conoscenza della struttura penitenziaria senese e delle sue competenze, in un tentativo maldestro di svilire quel lavoro costante e prezioso di restituire alla società persone nuove .

A.T. (ex ospite C.C. Siena)