martedì 14 aprile 2020

"Piccole Storie da Santo Spirito" di Alessio Duranti

Un antico monastero nella zona di Porta Pispini, in piazza Santo Spirito, a dieci minuti a piedi da Piazza del Campo, ospita la Casa Circondariale di Siena. Siamo nel cuore della città e questo carcere è perfettamente integrato con il tessuto urbano e architettonico, si mimetizza, non si vede, ma c’è e spesso prova a farsi sentire.



Nel 2014 entro grazie all’art. 17 dell’ordinamento penitenziario.
Sono un bibliotecario e dovevo aiutare i detenuti a far nascere una biblioteca all’interno della struttura carceraria. Ci siamo riusciti, il lavoro e il progetto prosegue, ma questa esperienza ha contributo a fare nascere un’altra attività oltre il lavoro che regolarmente svolgo.

Un’altra esperienza, mutuata da shoot4change, di volontariato fotografico.
Proposi al Direttore, Sergio La Montagna, di organizzare un corso fotografico per i detenuti e poi di iniziare un progetto più lungo mirato a documentare  le varie attività che i detenuti svolgono all’interno della Casa Circondariale, attività che riguardano la vita detentiva al di fuori della cella, il lavoro culturale, le mansioni lavorative, gli incontri e tutto ciò che contribuisce a quel riscatto e a quella riabilitazione incisa nell’art. 27 della nostra Costituzione.
Un progetto che vede coinvolti detenuti, gli agenti della Polizia Penitenziaria, il direttore, le educatrici, e i volontari che svolgono varie attività.

Nel tempo le storie e i detenuti che ho incontrato si sono alternati. C’è chi sta in cella, chiuso in sè stesso, e riesce ad evadere solo ridisegnando i grandi maestri del fumetto, chi frequenta la biblioteca per leggere i manuali di diritto e procedimento penale e mette la sua conoscenza al servizio di altri, chi fa lo “spesino”, chi nelle ore di passeggio preferisce fare sport e palestra, chi preferisce leggere. C’è la scuola che aiuta. Chi ama i libri e a fare il bibliotecario ci trova soddisfazione e aiuta gli altri nella lettura e nell’alfabetizzazione, chi a turno lavora in cucina o in lavanderia. Chi si cucina in cella. Chi ha lavorato il pezzo di terra e ha realizzato un orto con prodotti di stagioni e che poi condivide con gli altri.
Chi si racconta, chi non vuole parlare, ma tutti disposti a farsi fotografare. Una foto che poi diventa cartolina da mandare ai parenti.

Nasce così, e continua ancora oggi, Piccole storie da Santo Spirito.

Fotografare il carcere escludendolo. Trattando questo luogo non come una struttura di reclusione, ma come un quartiere di una città. Dove i detenuti sono dei cittadini, con la loro vita, il loro lavoro, la necessità di riscatto quotidiano.

Nel libro, Sembrano proprio come noi. Frammenti di vita prigioniera, Daniela De Robert scrive: “il carcere non si vede. Vive oltre il muro. Eppure è in mezzo a noi, densamente popolato, carico di tutte le differenze e di tutti i problemi dei nostri giorni. Il carcere non si sente. Soffre lontano dalle nostre case e dalle nostre strade. Eppure è in mezzo a noi, abitato da uomini e donne, da bambini e anziani, da italiani e stranieri, da sani e malati. Ma soprattutto è abitato da poveri. Il carcere è parte integrante delle nostre città, ma le città preferiscono non saperlo, ignorare cosa succede là dentro, voltare lo sguardo quando qualcuno esce e cerca di tornare alla normalità”. Così Piccole Storie da Santo Spirito prova a fare vedere e sentire questa realtà.

Alessio Duranti

Pubblicato sul Blog di Alessio Duranti

giovedì 9 aprile 2020

Eppur qualcosa si muove...


Una breve riflessione sul forzato stop al progetto “Una chiacchierata con…” a cui dallo scorso anno stavamo lavorando.  Il Covid-19 ha fermato tutto.  Per quanto? Ancora non lo sappiamo ma sono convinta che si tratta solo di una pausa. Così da sola pensando a voi in questo silenzio che incombe su tutto e su tutti metto per iscritto i miei pensieri su un lavoro partito diversi mesi fa, elaborato in ogni suo dettaglio perché aveva un obiettivo importante quale quello di farvi conoscere da quanti non sanno neppure che voi esistete. Il vostro desiderio era di aprire idealmente le porte di Santo Spirito per far “toccare" con mano al mondo esterno i vostri cuori e le vostre anime. 

In questi mesi di lavoro più volte avete ribadito che siete persone e non fantasmi e per questo sentite il desiderio di far sapere a tutti che “è giusto che paghiamo per gli errori commessi, ma agli altri non deve importare come ci chiamiamo e per quanto tempo ancora rimarremo in carcere. Noi siamo padri e vorremmo riabbracciare i nostri figli.  Siamo mariti con il desiderio di rientrare quanto prima in seno alle proprie famiglie. Siamo fratelli che bramano gli affetti di un tempo, soprattutto siamo figli che hanno bisogno del calore materno. Vedete? proviamo gli stessi sentimenti di coloro che stanno fuori dal carcere”. Il nostro lavoro a fronte di questo aveva portato ad incontrare prima il vescovo e due settimane dopo un libero professionista. Alla fine… In questo momento non c’è una fine, bensì una pausa. Questo non vuol dire che il progetto “Una chiacchierata con…” non possa e non debba andare in porto. Questo forzato stop può aiutare ad essere ancora più forti e più determinati a raggiungere l’obiettivo perché come diceva Charlie Chaplin “Non vedrai mai l’arcobaleno se guardi sempre verso il basso”.

Cecilia Marzotti