La scrittura ha un duplice valore:
permette di razionalizzare il vissuto di una persona e le dà la possibilità di
guarire certe lacerazioni dell’animo. Una sensazione di libertà, che permette
talvolta di ricominciare da capo e guardare al futuro con speranza. Una
situazione questa, provata da sette detenuti di Santo Spirito, gli autori del
libro “Fuori dal buio”. Già il titolo per Roberto, una delle penne dietro
quest’opera, assume un significato simbolico: quello di andare avanti e vedere
come è cambiato il mondo dopo essere usciti dal buio, appunto, delle quattro
mura della cella. Nelle storie raccontate dolore e tristezza si uniscono alla
voglia di riscatto e ai sogni di persone che, comunque, meritano una seconda
possibilità. C’è la vita vissuta degli scrittori, c’è la voglia di ripartire di
chi, alla fine, si ritrova insieme a cantare “Che fantastica storia è la vita”
di Antonello Venditti. “Abbiamo scritto questo libro perché volevamo liberare
quello che era dentro di noi, perché volevamo far sapere che nel carcere c’è
tanta umanità – racconta Roberto -. Nel libro parliamo di percorsi di uomini,
delle loro esperienze, ma soprattutto parliamo della loro voglia di liberarsi dall'oscurità che si è creata intorno a loro”.
Questa è un’esperienza che ha creato
prima di tutto unione tra i reclusi che hanno partecipato alla stesura.
L’elaborazione del libro è stata fatta secondo il metodo della scrittura
industriale collettiva e tutto è frutto della condivisione di idee, sentimenti
ed impressioni. A curare l’opera la giornalista e collaboratrice di Siena News,
Cecilia Marzotti. Gli oltre 40 anni passati a seguire i casi di cronaca nera e
giudiziaria a Siena non l’avevano comunque preparata a vivere qualcosa di così
coinvolgente. Qualcosa che, a suo dire, le ha lasciato un ‘marchio a fuoco’:
“E’ impossibile raccontare la forza di questi uomini, l’entusiasmo che
aumentava di giorno in giorno e coinvolgeva tutti all'interno del carcere –
sottolinea Cecilia Marzotti -. Ho perso il conto delle bozze corrette e dei
giorni e delle notti passati a rimettere insieme i fogli, ma il riscatto di
queste persone valeva la fatica spesa. Li ringrazio per essere stati capaci di
abbattere ogni barriera. Ci sono state tante correzioni, ma il libro non poteva
essere manomesso. Gli scrittori hanno fatto errori nella vita, ben vengono gli
errori nel loro libro”.
Come spiega il direttore del carcere
di Santo Spirito, Sergio La Montagna, il libro è scarno e spontaneo, non
ampolloso. I detenuti hanno raccontato ciò che hanno vissuto in modo libero e
non ingabbiato da forme stilistiche forbite. L’obiettivo finale è quello di
coinvolgere il lettore in una riflessione sulla condizione dei carcerati. “La
prigione sovrasta ogni altro momento della vita. “Fuori dal buio” è un misto
tra finzione e realtà che racconta le vite degli autori – sottolinea il
direttore del carcere -. Loro così possono sfogarsi e dare voce alle loro
coscienze. Mi hanno colpito le storie delle persone che hanno commesso un reato
per un gioco di casualità. Protagonisti di un gioco beffardo della sorte”.
Marco Crimi
Articolo pubblicato su: