La caparbietà è una dote preziosa
in tanti momenti della vita e contraddistingue il gruppo di detenuti di Santo
Spirito che quest’anno partecipano al progetto di scrittura collettiva.
Prima che la pandemia
costringesse a chiudere tutto, carcere compreso, avevano ideato e chiesto di parlare con
persone comuni (artigiani, studenti,
disoccupati, liberi professionisti, responsabili di cooperative eccetera) per farsi conoscere e capire se chi
sta fuori poteva aiutarli realizzare una struttura post detenzione e in
parallelo sarebbe nato un numero unico dal titolo “ una chiacchierata
con…" Tutto questo non è stato
possibile e oggi quel progetto (ambizioso, è vero) e mai dimenticato riprende
vita. Sarà possibile in una forma diversa: vale a dire non ci saranno più
incontri ravvicinati, ma sarà la scrittura il filo conduttore tra chi sta
dentro e quanti del carcere non conoscono nulla e spesso ne hanno paura.
“Questi mesi _affermano _ sono stati
per noi ancora più faticosi e tanti sono stati i momenti tristi perché non è
stato possibile riabbracciare i nostri cari. Gli strumenti messi a disposizione
dal direttore e dalle educatrici ci hanno aiutato ed hanno supplito solo in
parte il desiderio di stare con le nostre famiglie. Chi ha bambini piccoli deve
vederli crescere e sentire la loro voce solo in video whatsapp”. Insomma il covid
ha triplicato il peso della carcerazione
ma in tanti non si sono dati per vinti e appena è stato possibile hanno
ripreso a seguire le lezioni per prendere un diploma, oppure imparare
l'italiano e un gruppo ha deciso di riallacciare le fila del progetto di
scrittura collettiva interrotto a febbraio. Per prima cosa hanno deciso di
scrivere al vescovo di Siena che li aveva incontrati e approfondito desideri e
speranze di quanti sono detenuti a Santo Spirito. Il secondo passo sarà
chiedere un incontro con il garante dei detenuti. Così lentamente si riparte e
quanto accade e accadrà verrà cristallizzato in un diario.
Cecilia Marzotti